Sigur Rós – Von (01/04)
Dura quasi un'ora e un quarto, e poco di questo tempo ha un vero fondamento musicale; a partire dai tintinnii iniziali accompagnati da atmosfere sinistre ed inquietanti, e voci che sono più quasi tetre urla. Questa atmosfera dura già per tutto il primo pezzo nei suoi quasi 10 minuti, e che risolve in uno splendido oceano calmo che è il principio di Dögun.
Bisogna aspettare il brillante basso in Hún Jörð ... (dopo circa un quarto d'ora) per avere una parvenza di canzone, in cui si distingue subito la voce riverberata e cristallina che caratterizzerà tutto il disco.
Come in Myrkur, unico vero episodio "pop" del CD, che si muove agiatamente in territori shoegaze ricordando da vicino gli Slowdive. Pezzo che verrà poi ripreso e ribaltato in coda all'ultimo brano Rukrym (scritto infatti al contrario) dopo 6 minuti di silenzio.
Silenzio che è anche nei 18 secondi di 18 Sekúndur Fyrir Sólarupprás (che probabilmente significa proprio, 18 secondi di silenzio). Larga parte del disco è più vicina alla musica concreta, ambient e ipnotici drone, con registrazioni ambientali non sempre riconoscibili. Una formula che allunga tantissimo una solfa che diventa facilmente noiosa.
Tuttavia ho avuto l'impressione che più che un disco, con questi pezzi i Sigur Ros abbiano voluto fare esperimenti, come una tavolozza, o una tela di prova, in pratica. Un disco che forse è servito più a loro che a chi ascolta.
Da menzionare anche la ballata acustica e celestiale di Von e la più cosmica Syndir Guðs, sostenuta da una lenta batteria in 6/4, sottofondi drone e anticipata da tintinnii e un fragore a cui però, come scrivevo, è difficile dare un origine certa.
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