Quintorigo – Il Cannone (11/11)
Potrebbe, per questo, essere anche una formula che non piace, ma è indiscutibile la qualità tecnica e la vivacità proposta. In questo senso è un disco sorprendente, che passa da un finale reggae su Redemption Song, fino agli Area, oppure certe vene retrò alla Trio Lescano.
Strumenti usati in modo completo e dinamico, c'è una distorsione sugli archi in un pezzo, ma poi anche il contrabbasso o la voce usata a trombetta, pazzesche certe soluzioni.
Musica in cui la tecnica c'è, ma non è esibita. Rimane funzionale alle loro sonorità inusuali ed ibride, molto lontane dall'immaginario pop (immagino, considerando anche il nome del gruppo, che partano anche da idee accademiche, ma applicate ad un contesto che accademico non è).
Bella la strumentale Senza Voce, ma anche la cover di Mingus, che sono i pezzi più jazz dell'album.
Non conosco il resto della discografia del gruppo, ma questo mi da buone sensazioni sui restanti.
Nel clone del Padre, mi ha ricordato tanto i CSI.
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